
Non erano fate né streghe, ma un po’ di entrambe. Erano piccolissime donne della grandezza degli uccellini di campo, bellissime, e con la pelle così delicata da dover evitare il sole per non bruciarsi, perciò uscivano solo la notte. Avevano lunghe unghie d’acciaio con cui scavavano le loro case, ma delle mani delicatissime con cui tessevano stoffe meravigliose per farne abiti stupendi, di lino e broccato, e con fili d’oro e d’argento.
Venivano da paesi misteriosi, da cui erano giunte in tempi assai remoti con appresso immensi tesori. Si dice che raramente uscivano dalle loro domus, e ancor più raramente socializzavano con gli esseri umani. Talvolta di notte volavano silenziose fino alle case degli uomini, entrandovi dalle finestrelle aperte e dalle fessure per curiosare; se qualche umano attirava la loro attenzione, lo chiamavano e lo invitavano a seguirle per mostrargli i loro tesori, rischiarando il cammino con i loro corpicini luminosi.
Nelle loro case gli uomini potevano vedere oggetti meravigliosi, ma non potevano toccarli perché oro e gioielli si sarebbero immediatamente tramutati in cenere. Per poter prendere qualche oggetto prezioso bisognava tornare nelle domus di giorno, muniti di un rosario, un crocifisso o altro oggetto benedetto. Mai tentare di derubarle con la forza o l’astuzia: la vendetta delle janas era terribile.
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